
GRANDE STRUTTURA
Descrizione
Per commercio al dettaglio si intende l’attività svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda al consumatore finale.
La L.R. 5.12.2005 n. 29 differenzia i negozi a seconda dell’ampiezza della loro superficie di vendita, definendo come esercizi di commercio al dettaglio di grande struttura gli esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati, 1.500, costituiti con le seguenti modalità:
- esercizio singolo isolato;
- insediamento outlet: per outlet si intende un apposito insediamento di grande distribuzione costituito da più esercizi di vicinato, di media struttura o di grande struttura, realizzati secondo un progetto unitario, con vendita al dettaglio da parte di produttori titolari del marchio o di imprese commerciali, di prodotti non alimentari identificati da un unico marchio, che siano fuori produzione, di fine serie, in eccedenza di magazzino, prototipi o difettati;
- centro commerciale al dettaglio: per centro commerciale al dettaglio si intende un insieme di più esercizi al dettaglio, realizzati secondo un progetto unitario, con infrastrutture e servizi gestiti unitariamente, la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intrattenimento e svago, con esclusione delle attività di vendita all’ingrosso;
- complesso commerciale al dettaglio: per complesso commerciale al dettaglio: si intende un insieme di più esercizi sia di vicinato, che di media o grande struttura, insediati in uno o più edifici, funzionalmente o fisicamente integrati tra loro, o che facciano parte di un unico Piano attuativo la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intrattenimento e svago; al Complesso vengono rilasciate tante autorizzazioni quanti sono gli esercizi di vicinato, media o grande struttura che lo compongono.
Per superficie di vendita di un esercizio al dettaglio si intende l’area alla quale ha accesso il pubblico, compresa quella occupata dai banchi, dalle scaffalature o quella comunque destinata a mostra o esposizione di merce, con esclusione dell’area destinata ai magazzini o ai depositi, ai locali di lavorazione o agli uffici e ai servizi, nonché dell’area interna adibita a deposito dei carrelli. Dalle definizioni della Legge si evince chiaramente come la superficie di vendita presupponga la compresenza dei due elementi, accesso del pubblico ed esposizione della merce.
Ne consegue che non si computa nella superficie di vendita la parte di superficie calpestabile destinata in maniera autonoma a sola mostra od esposizione di merce, se resa completamente inaccessibile al pubblico perchè, ad esempio, recintata interamente.
La superficie di vendita può anche essere ricavata su un’area “a cielo libero”, cioè non racchiusa entro le mura di un edificio: lo prevede l’art. 3 del D.P.G.R. 069/07, che equipara la superficie a cielo libero, a tutti gli effetti, a quella interna gli edifici.
Gli esercizi di grande struttura, per effetto delle disposizioni contenute nella L.R. 5.12.2005 n. 29, sono assoggettati ad apposito regolamento comunale, denominato “Piano di settore” del commercio.
Nella scelta della localizzazione degli esercizi di vendita di grande struttura sono privilegiate le aree con elevato livello di accessibilità agli assi viari primari e secondari esistenti, con forte livello relazionale e di comunicazione con le aree urbane centrali e con rilevante interconnessione con altri servizi e poli di attrazione rivolti all’utenza commerciale.
Esercizi commerciali di questa metratura sono infatti destinati ad esercitare anche un ruolo di attrazione di acquirenti da altri Comuni, oltrecchè di servizio alla collettività locale. Spesso presentano un elevato livello di specializzazione merceologica, grazie alla presenza di più marchi, favorita dalle dimensioni elevate; se organizzati come centri o complessi commerciali, associano ai negozi anche attività di ristorazione e di trattenimento, oltrecchè di servizi alla persona, come attività di parrucchiere o estetica, palestre, asili-nido, baby-parking, sportelli bancari, lavanderie, etc .
L’art. 3 della L.R. 5.12.2005 n. 29 stabilisce che gli esercizi al dettaglio possono effettuare la vendita di:
- generi alimentari: ovvero di prodotti destinati alla nutrizione (compresi quelli destinati alla nutrizione animale);
- generi non alimentari: ovvero di ogni altro prodotto diverso da quelli di cui al punto precedente;
- generi non alimentari a basso impatto: ovvero i materiali dell’edilizia, ivi compresi quelli elettrici, dell’agricoltura e della zootecnia, la ferramenta, i legnami, i mobili e gli articoli di arredamento, gli elettrodomestici, i veicoli, incluse le imbarcazioni, e i prodotti a questi similari che richiedono ampie superfici di esposizione e di vendita in rapporto al numero di visitatori e acquirenti;
- generi speciali: i prodotti ricompresi nei settori merceologici alimentari e non, posti in vendita nelle farmacie, nelle rivendite di generi di monopolio e presso i distributori di carburante, secondo le specifiche tabelle di cui all’allegato A della Legge stessa. Tali generi, che possono anche coesistere con gli altri settori merceologici, non necessitano dei requisiti professionali.
Particolare importanza assume la disponibilità di parcheggi a servizio dell’esercizio commerciale: la regola generale è che “gli standard urbanistici delle aree da riservare a parcheggio per esercizi commerciali, sono stabiliti dagli strumenti urbanistici comunali”, secondo quanto dispone l’art. 18 della L.R. 29/05.
L’art. 21 del Decreto del Presidente della Regione 23 marzo 2007 n. 069/Pres. ha introdotto disposizioni di dettaglio in ordine alla disponibilità dei parcheggi a servizio delle attività commerciali, compreso il commercio all’ingrosso, delle quali è opportuno tener conto già in sede di progettazione dell’immobile ad uso commerciale.
Le attività di grande struttura possono essere esercitate congiuntamente ad altre attività (cioè in forma promiscua), sia appartenenti alla materia del commercio come, ad esempio, attività di somministrazione di alimenti e bevande o di commercio all’ingrosso, sia estranee ad essa, come ad esempio, attività artigianale di panificazione. Ciò è possibile purché nel rispetto delle Leggi e regolamenti disciplinanti le diverse attività (ad esempio, in caso di coesistenza di commercio al dettaglio e commercio all’ingrosso, le rispettive superfici di vendita devono essere tenute nettamente distinte, tramite accorgimenti che rendano evidente, al consumatore, la differente offerta).
Le unità funzionali (cioè i locali dedicati) in cui avvengono le varie attività devono possedere le caratteristiche previste dalle Leggi di settore che le disciplinano (leggi del commercio, leggi della somministrazione e così via).
Requisiti
Per l’avvio o l’esercizio dell’attività sono necessarie due tipologie di requisiti:
a) REQUISITI SOGGETTIVI, che attengono all’impresa che gestisce l’attività (ditta individuale o società);
1. Iscrizione al registro imprese per le imprese commerciali
2.1 Requisiti morali, previsti per i soggetti indicati dall’art. 85 del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della Legge 13 agosto 2010, n. 136);
2.2 Requisiti morali, previsti dall’art. 6 della L.R. 29/05: devono essere posseduti dal titolare, ovvero, in caso di società, dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all’attività commerciale;
3. Requisiti professionali: previsti per il solo settore alimentare dall’art. 7 della L.R. 29/05. I requisiti professionali devono essere posseduti dal titolare, ovvero, in caso di società, dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all’attività commerciale.
Il possesso dei requisiti morali (e professionali per il settore alimentare) è richiesto per tutti i preposti all’attività commerciale, anche al di fuori della fattispecie di società.
Ma chi è il preposto? E' un soggetto qualificato che deve essere nominato qualora l’attività commerciale non sia esercitata direttamente dal titolare o dal legale rappresentante. Il preposto deve garantire la sua stabile presenza ed il supporto-assistenza sia alla clientela, sia all’organizzazione amministrativa del negozio.
La nomina del preposto può avvenire con procura notarile, oppure, più semplicemente, mediante una dichiarazione, in cui il titolare dichiara il nominativo della persona designata quale preposto per la singola unità locale; la persona designata, a sua volta, dichiara di avere accettato la designazione.
Qualora il requisito professionale sia stato acquisito all’estero, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs. 9.11.07 n. 206 di attuazione della direttiva 2005/36/CE, le domande di riconoscimento dei titoli acquisiti da cittadini comunitari ed extracomunitari devono essere inviate, a cura degli interessati, al Ministero dello Sviluppo Economico.
b) REQUISITI OGGETTIVI, che riguardano invece i locali ove l’attività viene svolta.
Trattandosi di attività pertinenti a iniziative definite commerciali dalla legislazione di settore, devono essere svolte in locali aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio.
In caso di esercizio di due o più attività in forma promiscua, si definisce “prevalente” l’attività che produce il maggior volume d’affari.
Naturalmente, in caso di coesistenza di più attività in uno stesso locale, è l’attività “prevalente” che condiziona la destinazione d’uso dell’immobile. Ad esempio, in caso di coesistenza di attività prevalente di commercio al dettaglio e attività artigianale secondaria di estetista, la destinazione d’uso del locale rimarrà commerciale.
cfr. scheda descrittiva inquinamento acustico
Procedimenti
Le attività economiche hanno un loro ciclo di vita: si avviano e, ad un certo punto, verosimilmente cessano. Durante il ciclo di vita possono verificarsi eventi modificativi riguardanti l'attività in se' (EVENTI OGGETTIVI), oppure il soggetto che ne è titolare (EVENTI SOGGETTIVI).
Si indicano di seguito gli eventi modificativi che possono verificarsi nell'attività.
EVENTI OGGETTIVI
- Nuova apertura
- trasferimento di sede
- concentrazione
- ampliamento/riduzione di superficie
- aggiunta di settore/rinuncia a settore
- sospensione temporanea
- proroga della sospensione temporanea
- riapertura attività al termine della sospensione
- cessazione definitiva
EVENTI SOGGETTIVI
- Subingresso
- modifica del legale rappresentante
- nomina del preposto
- modifica ragione sociale
- modifica residenza/sede legale
- affidamento di gestione di reparto
Dopo aver scelto l'evento che gli interessa, l'imprenditore deve iniziare una procedura, che descriviamo di seguito.
L’apertura, ampliamento, il trasferimento di sede e la concentrazione delle grandi strutture di vendita, costituite da singoli esercizi o centri commerciali al dettaglio o complessi commerciali o outlet, sono soggetti ad autorizzazione comunale, in conformità a quanto previsto dal Piano comunale di settore del commercio.
L’esercizio dell'attività è soggetto a domanda di autorizzazione allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) presso il Comune in cui si intende avviare l’attività. La domanda si conclude con il rilascio del provvedimento unico di autorizzazione, entro 90 giorni dall richiesta stessa, se completa. Gli estremi dell’autorizzazione vengono comunicati agli Enti terzi, per quanto di rispettiva competenza.
Quali sono i costi che l'impresa sostiene per ottenere l'autorizzazione? Sono previste Marche da bollo da € 16,00 da apporre sia sulla domanda, sia sul provvedimento di autorizzazione, con le modalità previste dagli articoli 4 e 9 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (una marca da bollo per un massimo di 25 linee per ogni facciata). E' fatta salva la diversa regolamentazione comunale, che potrebbe prevedere oneri istruttori aggiuntivi rispetto alla marca da bollo.
L’autorizzazione commerciale può essere rilasciata a chi sia in possesso di idoneo titolo abilitativo edilizio con esclusivo riferimento ai locali indicati per l’esercizio dell’attività. L’esercizio è attivabile subordinatamente all’osservanza delle norme in materia urbanistica ed edilizia, igienico-sanitarie e relative alla prevenzione di incendi e infortuni.
Cosa succede se l'autorizzazione viene rifiutata? Avverso il diniego di autorizzazione è possibile esperire ricorso al Tribunale amministrativo regionale. Il ricorso al TAR, ai sensi dell'art. 21 della L. n. 1034/1971, deve essere proposto entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'atto impugnato o della sua effettiva conoscenza.
Come avviene il subingresso in un esercizio commerciale? Il subingresso consiste nel trasferimento dell’azienda in capo ad un nuovo soggetto, detto subentrante, in proprietà (in caso di acquisto, di eredità o donazione) oppure in gestione temporanea (in caso di affitto o comodato).
Il subingresso, che può dunque avvenire per atto tra vivi o a causa di morte, comporta di diritto il trasferimento dell’esercizio commerciale al subentrante, alle seguenti condizioni:
- il subentrante, sia esso acquirente/affittante/erede/donatario, abbia i requisiti soggettivi previsti dalla legge;
- sia provato l’effettivo trasferimento dell’azienda (nel caso di subingresso tra vivi), ovvero l’acquisto del titolo (nel caso di subingresso a causa di morte);
- venga presentata la SCIA da parte del subentrante per atto tra vivi o a causa di morte.
L'attività commerciale deve essere iniziata entro 12 mesi dalla data dell’entrata in possesso dell’azienda commerciale, o, nel caso di subingresso a causa di morte, dalla data di acquisto del titolo (ovvero dall’apertura della successione), pena la decadenza dell'autorizzazione (rectius, la decadenza dal diritto di vedersi intestata l’attività). E’ possibile peraltro, nei casi di forza maggiore o di gravi e circostanziati motivi non imputabili all’operatore, chiedere la proroga del termine di inizio dell’attività, per periodi non superiori a 6 mesi, purchè la richiesta venga presentata prima della scadenza dei 12 mesi. Qualora tale termine perentorio non venga rispettato, si determina un caso di “decadenza” automatica dell’autorizzazione (rectius: di perdita di efficacia della SCIA) non rimediabile.
L’erede, qualora non abbia i requisiti soggettivi previsti dalla legge per l’esercizio dell’attività, ha facoltà di continuare l’attività del dante causa provvisoriamente e improrogabilmente per sei mesi, dalla data di acquisto del titolo e purchè presenti la SCIA. Alla scadenza dei sei mesi l’erede può trasferire ad un terzo soggetto in possesso dei requisiti l’azienda commerciale. Analogamente il donatario privo dei requisiti soggettivi può trasferire ad un terzo soggetto, in possesso dei requisiti, l’azienda commerciale, pur non avendo la facoltà di esercizio temporaneo in proprio, al pari dell’erede.
Nel caso di gestione temporanea dell’esercizio, la SCIA presentata dal subentrante è valida fino alla data contrattuale in cui ha termine la gestione. Alla cessazione della gestione il proprietario dell’azienda commerciale deve effettuare, ai fini del ritorno in disponibilità dell’azienda, la SCIA di reintestazione entro 12 mesi dalla cessazione della gestione.
L’art. 39 della L.R. 29/05 dispone che, alla scadenza contrattualmente pattuita del contratto di affitto di azienda commerciale, il proprietario rientri automaticamente nella disponibilità giuridica della stessa: la SCIA resa dall’affittuario perde effetto ex lege alla scadenza ed il Comune deve procedere alla reintestazione al proprietario, se questi presenta la relativa SCIA, anche se l’affittuario detenesse ancora i beni che la compongono.
Quanto alla disponibilità giuridica dell’immobile in cui viene esercitata l’attività economica, la dichiarazione di generica disponibilità, resa dal subentrante, è sufficiente per legittimare la procedura di subingresso e spetta semmai al proprietario dimostrare, nelle opportune sedi, che l’immobile viene detenuto senza titolo. La disponibilità dei locali da utilizzare per l’attività di impresa non è un elemento richiesto, in base alle leggi di settore, per legittimare il subingresso.
Cosa significa sospensione temporanea dell’attività commerciale? La sospensione temporanea è un fatto aziendale che non deve essere comunicato al Comune se non supera la durata di 30 giorni.
In caso contrario, deve essere comunicata al Comune almeno 10 giorni prima dell’inizio della sospensione stessa. La sospensione non può eccedere i 12 mesi. La sospensione, anche se di durata inferiore a 30 giorni, deve essere comunque resa nota al consumatore mediante idoneo strumento informativo.
Nei casi di forza maggiore e nel caso di gravi e circostanziati motivi non imputabili all’operatore, questi può chiedere preventivamente al Comune, anche più di una volta, l’autorizzazione a protrarre la sospensione per periodi non superiori a 6 mesi, purchè la richiesta venga presentata prima della scadenza dei 12 mesi.
Le disposizioni sulla sospensione non si applicano alle chiusure stagionali delle attività commerciali nelle località a prevalente economia turistica.
La sospensione, pur conservando le stesse limitazioni sopra indicate, può anche essere parziale, cioè può riguardare:
- un solo ramo d’azienda commerciale, ad esempio, un solo settore merceologico, nel caso di esercizio con entrambi i settori;
- solo una parte della superficie di vendita attribuita originariamente all’esercizio.
La cessazione definitiva dell’attività commerciale deve essere comunicata al Comune, ad onere dal cessante, entro 30 giorni dalla cessazione medesima: tuttavia, nel caso in cui la cessazione dipenda dalla cessione (= vendita) dell’azienda, l’onere di comunicare la chiusura dell’attività del precedente titolare ricade sull’acquirente, se egli intende cominciare l’attività commerciale dopo 30 giorni dall’acquisto.
Normativa
- L.R. 5 dicembre 2005, n. 29;
- DPReg 23 marzo 2007, n. 069/Pres.;
- Piano comunale di settore del commercio;
- D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59;
- D. Lgs 6 settembre 2011, n. 159;
- D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252;
- D.G.R. 22.12.2006, n. 3160, recante "Linee guida applicative del RECE n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari";
- Pareri della Regione FVG sulle attività e gli insediamenti commerciali;
- Risoluzioni del Ministero dello sviluppo economico.
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