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Orari del commercio
Illegittima la legge regionale che limita la liberalizzazione - Nuovo intervento della Corte Costituzionale
La Regione e i Comuni che promuovono «accordi volontari» tra operatori commerciali volti alla regolazione degli orari di esercizio, si pongono in aperto contrasto con il perentorio e assoluto divieto contenuto nella legislazione statale vigente la quale è perentoria nell’affermare che l’attività commerciale va esercitata «senza limiti e prescrizioni» concernenti gli orari. Tale divieto riguarda ogni forma di regolazione, diretta o indiretta, degli orari di esercizio: sia quelle prescritte per via normativa, sia quelle frutto di accordi tra operatori economici.
Così ha deciso la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 239/2016, depositata l’ 11 novembre 2016 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 16 novembre 2016, nel giudizio di legittimità promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha impugnato diversi articoli della legge della Regione Puglia 16 aprile 2015, n. 24 (Codice del Commercio).
Più precisamente, il ricorrente evidenzia che gli artt. 9, comma 4, e 13, comma 7, lettera c), della legge della Regione Puglia n. 24 del 2015 prevedono interventi regolativi degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali attraverso la promozione di «accordi volontari» tra operatori e attraverso «programmi di valorizzazione commerciale», in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di «tutela della concorrenza».
La Corte ricorda che il legislatore statale è intervenuto per assicurare la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, dapprima in via sperimentale e poi a regime, con l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Attualmente, in seguito alla modifica disposta dall’art. 31, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e quelle di somministrazione di alimenti e bevande non possono più incontrare limiti o prescrizioni relativi a orari o a giornate di apertura e chiusura da rispettare, essendo tutto rimesso al libero apprezzamento dell’esercente.
Tale ultima modifica, contenuta nel citato art. 31, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011, è stata oggetto di impugnazione da parte di numerose Regioni che hanno lamentato la violazione della competenza legislativa regionale residuale in materia di commercio ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.
La Corte, con sentenza n. 299 del 2012, ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dalle Regioni ricorrenti, dovendosi inquadrare l’art. 31, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011 nella materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato.
A seguito di tale pronuncia, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 27 e n. 65 del 2013 e n. 104 del 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse norme regionali con le quali si erano regolati gli orari degli esercizi commerciali, in quanto contrastanti con l’espresso divieto di limiti e prescrizioni in materia, contenuto nella citata normativa statale.
Analogo contrasto deve essere ravvisato nella specie, con riferimento alle impugnate disposizioni della Regione Puglia, in quanto si pongono in aperto contrasto con il perentorio e assoluto divieto contenuto nella descritta legislazione statale, in modo da determinare una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Monica Feletig