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Libertà di culto e disciplina urbanistico-edilizia: natura e funzione dell'agibilità

Il requisito dell’agibilità deve riguardare tutti gli edifici, compresi quelli destinati al culto

18/04/2025  - 

La libertà di culto non può essere invocata per sottrarsi al rispetto «della cornice normativa di rango primario e secondario e dei vincoli cui le attività umane di rilevanza pubblica sono astrette a salvaguardia della convivenza civile tra i consociati (subditi legum sumus, ut liberi esse possimus)» e, in particolare, per giustificare «una destinazione urbanistica di un immobile diversa da quella impressa dai pubblici poteri – con provvedimento non impugnato – nell’esercizio dell’attività conformativa in materia urbanistico-edilizia» (1).

a stabile destinazione di un edificio a luogo di culto – in cui praticare liberamente i riti religiosi espressione della libertà di culto ex art. 19 Cost. – presentando un impatto sull’ordinato sviluppo dell’abitato, deve avvenire nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia, in cui trovano composizione i vari interessi pubblici e privati che si rivolgono al territorio quale terminale delle attività umane. (2).

L’istituto dell’agibilità, come disciplinata dal vigente d.P.R. n. 380 del 2001, non è più volto solamente a verificare – come la precedente abitabilità - la mera sussistenza di quei requisiti, essenzialmente di natura igienico-sanitaria, per “abitare” in un edificio (e dunque di occuparlo stabilmente e per periodi anche lunghi), ma è preordinato ad assicurare il rispetto di una serie più ampia d’interessi pubblici, come la sicurezza, anche in termini di salvaguardia dell’incolumità pubblica, e il risparmio energetico correlato alla tutela dell’ambiente, onde garantire la funzione sociale della proprietà ex art. 42 Cost. ora assurta, a seguito della modifica dell’art. 9 Cost., tra i principi costituzionali fondamentali alla luce dei quali la proprietà viene conformata (3).
In motivazione è stato precisato che tale requisito rappresenta l’evoluzione del precedente istituto della “abitabilità”, previsto dall’art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, che veniva rilasciato, all’esito di un’ispezione «dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato», per gli «edifici o parti di essi», i quali non potevano essere – appunto – “abitati” se non risultava «che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità». In questa parte, la norma è stata poi abrogata dal d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, il cui art. 4 ha ribadito la necessità della “abitabilità” degli edifici, o parti di essi, richiedendo però per il suo rilascio ulteriori elementi, quali «il certificato di collaudo, la dichiarazione presentata per l’iscrizione al catasto dell’immobile, restituita dagli uffici catastali con l’attestazione dell’avvenuta presentazione, e una dichiarazione del direttore dei lavori che deve certificare, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato, l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti». Anche quest’ultima norma, infine, ha cessato di produrre effetti con l’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il cui art. 24, nel testo vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, ha mutato il nome del requisito in “agibilità” e ha stabilito che esso attiene alla «sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato». Si aggiunga, per completezza, che questa lettura è corroborata dall’integrazione apportata all’art. 24 del t.u. edilizia dal d.lgs. 8 novembre 2021, n. 207, secondo cui l’agibilità riguarda anche, ove previsto, il «rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale» (e per questo alla s.c.i.a. presentata deve essere corredata dall’«attestazione di “edificio predisposto alla banda ultra larga”, rilasciata da un tecnico abilitato». In motivazione, la sezione sottolinea come il risparmio energetico connesso alla tutela dell'ambiente ora assurta tra i principi costituzionali fondamentali con la modifica dell’art. 9 della Carta per opera della l. cost. 11 febbraio 2022, n. 1 – alla luce dei quali la proprietà viene conformata ai sensi dell’art. 42 Cost. (che appunto consente di definire con legge limiti a tale diritto per assicurarne la “funzione sociale”).
In motivazione, la sezione sottoliena come il risparmio energetico connesso alla tutela dell'ambiete ora assurta tra i principi costituzionali fondamentali con la modifica dell’art. 9 della Carta per opera della l. cost. 11 febbraio 2022, n. 1 – alla luce dei quali la proprietà viene conformata ai sensi dell’art. 42 Cost. (che appunto consente di definire con legge limiti a tale diritto per assicurarne la “funzione sociale”).

Il requisito dell’agibilità deve riguardare tutti gli edifici, compresi quelli destinati al culto, nonché le relative aree pertinenziali, ove riconducibili all’ambito dell’art. 24, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001. (4).

(1) Conformi: Corte cost., 5 dicembre 2019, n. 254; Cons. Stato, sez. VII, 27 febbraio 2025, n. 1710

(2) Conformi: Corte cost., 24 marzo 2016, n. 63; nonché Cons. Stato, sez. III, 20 novembre 2023, n. 9897; Cons. Stato, decreti 11 marzo 2024, n. 856 e 857.

(3) Conformi: Cons. Stato, sez. II, n. 5912 del 2024, n. 1297 del 2024;

(4) Non risultano precedenti negli esatti termini

 



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 18/04/2025