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Impianti alimentati da fonti rinnovabili, limiti alla potestà regionale

Dichiarata l'illegittimità costituzionale degli Artt. 4, c. 17° e 18°, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16/21

25/10/2022  - 

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art 4, comma 17 e comma 18, lettere a), d) e f) della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 02/11/2021, n. 16:

  • il comma 17, indica una serie di aree non idonee alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1 MW
  • il comma 18, pone ulteriori condizioni alle quali è subordinata la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1 MW,

Nel pronunciamento la Corte afferma che "sulla base del quadro normativo delineato dalle linee guida, nella materia del sostegno alla produzione di energia derivante da fonti alternative, non può riconoscersi alle regioni il potere di provvedere autonomamente, per legge, «“alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa” (sentenza n. 168 del 2010; in termini simili anche le sentenze n. 106 del 2020, n. 298 del 2013 e n. 308 del 2011), né a fortiori quello di creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019)» (sentenza n. 121 del 2022).
Invero, attraverso le linee guida, adottate in Conferenza unificata in attuazione del principio di leale collaborazione, lo Stato e le regioni hanno congiuntamente definito una serie di criteri funzionali alla individuazione di punti di equilibrio sostenibili fra un largo spettro di interessi: il rispetto dei «vincoli imposti dalla normativa dell’Unione europea, così come degli obblighi assunti a livello internazionale con la legge 1° giugno 2002, n. 120 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997) e con la legge 4 novembre 2016, n. 204 (Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015), nel comune intento “di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra” (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenza n. 121 del 2022); la tutela del paesaggio e del territorio; la necessità di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale ai soggetti privati interessati alla realizzazione degli impianti.
Ampio spazio è inoltre riconosciuto all’autonomia delle regioni a valle delle linee guida. Esse sono, infatti, chiamate a concretizzare tali complessi bilanciamenti nell’ambito dei singoli territori regionali, attraverso procedimenti amministrativi destinati a sfociare negli atti di programmazione menzionati dal paragrafo 17 delle linee guida, nei quali ben possono essere individuate le aree non idonee alla installazione degli impianti; atti a loro volta destinati a orientare la discrezionalità amministrativa nei procedimenti relativi alle domande di autorizzazione dei singoli impianti.
Ciò che invece, nel vigore dell’attuale quadro normativo, non è consentito alle regioni è dettare direttamente per legge criteri generali per la localizzazione degli impianti ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla legislazione statale e dalle stesse linee guida: ancor più quando tali criteri si risolvano, in pratica, in divieti assoluti di concedere autorizzazioni in singole porzioni del territorio regionale, come accade con riferimento alle previsioni di cui alla lettera d).
Da ciò consegue l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 18, lettere a), d) e f), anche in questo caso per violazione dell’art. 117, comma terzo, Cost., restando assorbite le rimanenti censure."

Fonte:



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 25/10/2022