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Differenze tra la verifica di conformità edilizia e urbanistica e l’agibilità

Da Palazzo Spada una nuova sentenza che chiarisce le differenze tra la verifica di conformità edilizia e urbanistica e l’agibilità, oltre che il significato delle tolleranze costruttive. 

09/05/2024  - 

Il D.P.R. n. 380/2001  riunisce le disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Molte di queste disposizioni risalgono ai primi del ‘900 e nel primo ventennio di applicazione del testo unico hanno subito una profonda trasformazione.

Tra queste disposizioni, una di quelle che ha subito una modifica sensibile è quella contenuta all’art. 24 che nella sua prima versione era rubricato “Certificato di agibilità” e conteneva le disposizioni legislative (L) di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, articoli 220, 221, comma 2, come modificato dall’art. 70, decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109 e alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 52, comma 1.

Nella sua prima versione, il certificato di agibilità, rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, attestava la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto disponeva la normativa vigente.

Con il D.Lgs. n. 222/2016 (art. 3, comma 1, lettera i)), il legislatore ha deciso di modificare, tra le altre cose, l’art. 24 del Testo Unico Edilizia prevedendo che l’agibilità nonché la conformità dell’opera al progetto presentato sia attestata mediante segnalazione certificata da un tecnico (la SCA o SCAg) a seguito di verifica della sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.

Successivamente, l’art. 24 è stato modificato:

  • dal Decreto-Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) che con l’art. 10, comma 1, lettera n), ha introdotto il nuovo comma 7-bis (presentazione della SCA in assenza di lavori);
  • dal D.Lgs. n. 207/2021 che:con l’art. 4, comma 1, lettera a) ha nuovamente modificato il comma 1 (prevedendo per la SCA anche la verifica degli obblighi di infrastrutturazione digitale);
  • con l’art. 4, comma 1, lettera b) ha introdotto la lettera e-bis) al comma 5 (prevedendo tra la documentazione da allegare alla SCA anche l’attestazione rilasciata da un tecnico abilitato di “edificio predisposto alla banda ultra larga).Risulta chiaro, dunque, che tra il “certificato di agibilità” e la “segnalazione certificata di agibilità” di cui al citato art. 24 del d.P.R. n. 380/2001 esistono dei presuppostI completamente differenti, ribaditi tra le altre cose da parecchi interventi della giustizia amministrativa tra i quali segnaliamo la sentenza del Consiglio di Stato 22 aprile 2024, n. 3610 che fornisce importanti chiarimenti anche in merito alle tolleranze costruttive di cui al successivo art. 34-bis del Testo Unico Edilizia.

Relativamente al “certificato di agibilità”, il ricorrente avrebbe voluto utilizzarlo per confermare la conformità edilizia di un fabbricato. I giudici di Palazzo Spada hanno, però, rilevato che l’avvenuto rilascio di questo certificato è del tutto irrilevante per la conferma di quello che oggi è definito “stato legittimo” (art. 9-bis, comma 1-bis, d.P.R. n. 380/2001).

Proprio per questo motivo, l’illiceità di un immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità.

“Il permesso di costruire e il certificato di agibilità – conferma il Consiglio di Stato – sono infatti collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e (oggi) risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche”.

Il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio. Secondo il Consiglio di Stato “la verifica di conformità edilizia effettuata ai fini del rilascio di tale certificato è svolta esclusivamente “nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità”.

Relativamente al concetto di “tolleranza costruttiva” di cui all’art. 34-bis del Testo Unico Edilizia(introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. p), del D.L. n. 76/2020), quest’ultimo prevede che: “Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”.

In tal senso, seguendo una prassi ormai consolidata, il concetto di “tolleranza costruttiva” si applica all’esecuzione delle unità immobiliari assentite e non già a superfetazioni o comunque a manufatti non presenti nel progetto autorizzato.

Inoltre del tutto estraneo a tale concetto rimane in ogni caso il cambiamento della destinazione d’uso.

 

Fonte:



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 09/05/2024