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Locazione o concessione di servizi?

Il Tar Sardegna interviene sull'utilizzo, da parte di terzi, di un immobile di proprietà comunale con vincolo di destinazione ad uso “asilo nido”

20/06/2019  - 
La stazione appaltante ha sostenuto trattarsi di un bene del patrimonio indisponibile, per cui si sarebbe in presenza di una concessione amministrativa di bene pubblico.
Ecco come la pensa il Collegio:
“è preliminarmente indispensabile una corretta ricostruzione della natura di quest’ultimo per chiarire se si tratti di una locazione oppure di una concessione e, in quest’ultimo caso, se si tratti di una concessione di beni oppure di una concessione di lavori oppure ancora di una concessione di servizi.
Ciò premesso, il Collegio, prima di tutto, non condivide la tesi secondo cui sarebbe stato sottoscritto fra le parti un contratto di locazione e questo, oltre che per ragioni testuali (nel contratto di cui si discute si utilizzano ripetutamente i termini “concessione” e “concessionario”), soprattutto perché detto contratto prevede che l’Associazione provveda allo svolgimento di numerose prestazioni – ad esempio, di organizzazione di attività ed eventi- obiettivamente estranee a un rapporto di locazione e piuttosto espressive di interessi pubblici connessi alla promozione dell’attività sportiva equestre e al rilancio turistico del territorio.
Ritiene, piuttosto, il Collegio che quella in esame sia una “concessione mista” – avente a oggetto, cioè, allo stesso tempo, un bene pubblico ma anche lavori e servizi. Resta però da stabilire quale tra queste componenti sia quella prevalente e, come tale, capace di qualificare giuridicamente il rapporto.
Deve, prima di tutto, escludersi che oggetto prevalente della concessione siano i lavori affidati al gestore, giacché questi -seppur necessari al funzionamento della struttura- rappresentano una componente secondaria, come chiaramente emerge dalla lettura del testo contrattuale, cui è sufficiente fare rinvio su questo specifico aspetto, anche perché lo stesso non è oggetto di specifica contestazione tra le parti.
Sulla restante alternativa tra concessione di beni e concessione di servizi, il Collegio, come già anticipato, ritiene prevalente la “componente servizi”, per le ragioni di seguito esposte.
La sola appartenenza del bene al patrimonio indisponibile non qualifica di per sé la concessione in termini di “concessione di beni”, essendo un simile automatismo certamente da escludere tutte le volte in cui, proprio come nel caso in esame, la natura pubblicistica del bene trovi fondamento nella sua strumentalità allo svolgimento di un servizio pubblico, secondo il criterio teleologico di cui all’art. 826, comma 2, c.c., giacché tale schema implica, per sua natura, una “coesistenza” tra natura pubblica del bene e funzione pubblica del servizio cui è destinato; in questi casi, dunque, compete all’interprete individuare, tra i due profili, quello in concreto prevalente e, come tale, capace di qualificare giuridicamente il rapporto; occorre, in altre parole, operare un giudizio di “prevalenza sostanziale”, per certi versi analogo a quello previsto in materia di appalti pubblici dall’art. 169, comma 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nei termini di seguito illustrati.
Ciò posto, nel caso specifico la descritta valutazione “in concreto” conduce a considerare senz’altro preponderante la “componente servizio pubblico”, in quanto:
– gli atti regolatori del rapporto, con particolare riferimento al Capitolato speciale di gara (cfr. doc. 5 prodotto dalla difesa della ricorrente), prevedono a carico del concessionario molteplici e significative prestazioni eterogenee rispetto alla mera gestione del bene; si veda, in particolare, l’art. 2 del Capitolato speciale, rubricato “Finalità”, ove si richiede al gestore di costituire una scuola di equitazione, organizzare manifestazioni e corsi di equitazione per bambini, attivare percorsi di sport terapia e recupero per cavalli traumatizzati e così via;
– lo stesso Capitolato prevede, in favore dell’Associazione, l’esenzione dal pagamento del canone per ben cinque annualità su dodici in totale, a dimostrazione del fatto che la preesistente struttura equestre, sia per le sue condizioni non certamente ottimali che per la rilevante incidenza dell’apporto organizzativo del gestore nell’effettuazione delle attività che gli sono state affidate, non costituisce certamente il “fulcro economico e funzionale” del rapporto;
– nel Capitolato di gara campeggia, quale generale obiettivo perseguito dal Comune, quello di valorizzare, attraverso le diverse attività affidate al gestore della struttura, lo sport equestre e, ancora più in generale, la vocazione turistica del territorio;
– la stessa attività di maneggio, implicante la messa a disposizione del pubblico di strutture finalizzate a ospitare cavalli di proprietà, postula una rilevante attività di assistenza e manutenzione da parte del gestore e in ciò emerge una differenza rispetto a strutture sportive di altro genere, ad esempio una pista di atletica, ove la componente di assistenza e manutenzione pare assumere rilievo minore.
L’esame degli atti che regolano il rapporto contrattuale evidenzia, dunque, la previsione di significative e variegate prestazioni a carico del concessionario, nonché l’attenzione specificamente rivolta dal Comune, quale ratio di fondo dell’intero affidamento, a obiettivi di carattere generale e tutto ciò conferma la prevalenza della “componente pubblico servizio”, sotto il profilo funzionale e del tipo di interessi pubblici coinvolti, rispetto alla “componente bene pubblico”.
Del resto che sia questo il corretto metodo di qualificazione delle concessioni miste trova conferma nel prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui il più importante criterio discriminante tra “componente beni” e “componente servizi” risiede, per l’appunto, negli obiettivi di fondo perseguiti dall’Amministrazione concedente, i quali -se travalicano il mero utilizzo ordinario del bene, collocandosi in una prospettiva più ampia- “colorano necessariamente il rapporto in termini di servizi” (si veda, ad esempio, in relazione all’affidamento in concessione di un teatro comunale, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 1 dicembre 2017, n. 2306).
Si osserva, infine, come il tendenziale “favor ordinamentale” per la figura della concessione di servizi, a discapito della concessione di beni, trovi giustificazione sotto un ulteriore profilo che, pur non rilevando direttamente nel caso in esame, costituisce un dato sistematico di sicuro riferimento: si tratta del fatto che l’affidamento delle concessioni di servizi -in quanto assoggettato alle regole del Codice dei contratti pubblici- è assoggettato a meccanismi “più sicuri”, sotto il profilo della tutela della trasparenza e della concorrenza, rispetto all’affidamento delle concessioni di beni, in relazione alle quali, come noto, tali principi vanno faticosamente affermandosi solo in tempi recenti e in via giurisprudenziale.
È per questa ragione che la stessa Autorità nazionale anticorruzione, con deliberazione n.1300/2016, ha ritenuto che la concessione di un impianto sportivo con rilevanza economica debba essere inquadrata nell’ambito delle concessioni di servizi, con ciò che ne consegue sulle procedure da utilizzare per l’affidamento, ritenendo che la fattispecie presenti tutti i presupposti di cui all’art. 3, comma 1, lett. vv), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di contratto a titolo oneroso in cui il corrispettivo del concessionario è rappresentato dal profitto derivante dalla gestione dei servizi”.

Fonte:


Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 20/06/2019