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Insegne di esercizio e richiamo pubblicitario

Non si può negare l'autorizzazione ad installare un'insegna per l'esclusivo motivo che i manufatti costituenti insegna siano più di uno: lo afferma il TAR Lazio

01/02/2019  - 

Nel caso in esame Anas ha negato l'autorizzazione all’installazione di una insegna di esercizio, presentata dalla società Ikea Italia Property, sostenendo che i manufatti (più d'uno) installati dalla società non possano essere considerati insegne di esercizio: nella motivazione del diniego si legge che "l'insegna di esercizio per essere considerata tale deve essere una soltanto, in quanto più insegne rappresentano palesemente un richiamo pubblicitario".

Il TAR Lazio, Roma, Sez. 1^, con la sentenza 4 gennaio 219 n. 64 ha invece sostenuto una tesi diversa.

"Giova premettere che, ai sensi dell'art. 23, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992, lungo le autostrade, le strade extraurbane principali ed i relativi accessi, è ammessa l'installazione (oltre che di cartelli indicatori di servizi) soltanto di insegne di esercizio, necessarie ai fini della normale attività aziendale in quanto atte a consentire alla clientela di individuare agevolmente il punto di accesso ai locali dell'impresa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 giugno 2007, n. 3782).

La giurisprudenza ha chiarito che "per insegna di esercizio va intesa l'insegna che risulti installata sulla sede dell'attività per individuare l'azienda nella sua dislocazione fisica, e che non contenga alcun elemento teso a pubblicizzare l'attività produttiva dell'impresa, limitandosi soltanto a segnalare la denominazione dell'impresa medesima, nel rispetto del dettato dell'art. 47 del d.P.R. n. 495 del 1992, quanto a dimensioni e luminosità" (così Cons. Stato, sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3974).

Osserva il Collegio che, qualora con il dichiarato fine di delimitare ed individuare i locali di un'azienda vengano apposti più manufatti, ciò non costituisce una condizione automaticamente ostativa alla loro qualificazione quali insegne di esercizio. Difatti, l'assioma formulato nel diniego, che equipara la presenza di plurimi segni distintivi con il necessario perseguimento di finalità pubblicitarie, non trova conferma nel dettato normativo e non risulta neppure coerente con le indicazioni fornite in giurisprudenza circa gli elementi di cui tenere conto, previa una concreta verifica dello stato dei luoghi, al fine della distinzione tra insegne di esercizio e strumenti pubblicitari.

Si è osservato, nello specifico, che lo scrutinio della natura delle insegne apposte presuppone una valutazione della "combinazione sinergica" di una pluralità di fattori, quali la dimensione degli impianti, la loro particolare collocazione e l'eventuale presenza di marchi o altri elementi estranei alla denominazione aziendale. Analizzati questi elementi, l'ente gestore della strada può esprimere un giudizio circa le effettive caratteristiche dei manufatti, in modo da valutare se essi perseguano una finalità pubblicitaria, come tale non consentita in quanto costituente una potenziale fonte di distrazione e di pericoli per la circolazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5586).

Il diniego impugnato, quindi, concentrandosi unicamente sulla esistenza di una pluralità di insegne, si palesa inadeguato nel suo apparato motivazionale. Ciò comporta l'obbligo per l'Anas di rideterminarsi sul punto, rinnovando l'istruttoria in modo da considerare tutti i pertinenti fattori, sopra riportati a titolo meramente esemplificativo, e determinarsi in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni per considerare i manufatti delle insegne di esercizio..."



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 01/02/2019