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Il negozio privo di agibilità deve chiudere

Senza agibilità il Comune deve chiudere l'esercizio commerciale: l'esercizio del commercio è ancorato alla legittimità urbanistico-edilizio dei locali dove si svolge l'attività.

21/09/2018  - 

Lo ha ribadito il TAR Campania (Sez. III della sede di Napoli) con sentenza 4 luglio 2018 n. 4448.

<<...In via generale, deve osservarsi che, come recentemente ribadito dal giudice di appello in altra controversia concernente il Comune di Orta di Atella, «secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale nel rilascio dell’autorizzazione commerciale occorre tenere presente i presupposti aspetti di conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui l’attività commerciale si va a svolgere, con l’ovvia conseguenza che il diniego di esercizio di attività di commercio deve ritenersi senz’altro legittimo ove fondato […] su rappresentate e accertate ragioni di abusività dei locali nei quali l’attività commerciale viene svolta (cfr., tra le altre, Cons. Stato, IV, 14 ottobre 2011 n. 5537 e id., V, 8 maggio 2012, n. 5590). Il legittimo esercizio dell’attività commerciale è pertanto ancorato, non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per la intera sua durata di svolgimento, alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l'attività commerciale esercitata in locali rispetto ai quali siano stati adottati provvedimenti repressivi che accertano l’abusività delle opere realizzate ed applicano sanzioni che precludono in modo assoluto la prosecuzione di un’attività commerciale (cfr. Cons. Stato, VI, 23 ottobre 2015, n. 4880) [….] Tale conclusione trova del resto riscontro nel d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio) e succ. mod., il cui art. 7, relativo agli esercizi di vicinato, nella parte rimasta in vigore dopo le modifiche e le abrogazioni apportate con il d.lgs. n. 59 del 26 marzo 2010, impone al soggetto interessato il rispetto dei regolamenti edilizi e delle norme urbanistiche, oltre che di quelle relative alle destinazioni d’uso. In ambito regionale, poi, va tenuto presente l’art. 15 della legge della Regione Campania n. 1 del 9 gennaio 2014 e succ. mod. (Nuova disciplina in materia di distribuzione commerciale), che contiene una previsione analoga in riferimento, tra l’altro, all’apertura degli esercizi di vicinato, soggetti alla SCIA» (cfr. C.d.S., sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212).

Ancora sul piano generale, va ricordato che al presupposto del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche (oggetto della specifica funzione del titolo edilizio) si aggiunge quello del rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti che il certificato di agibilità aveva la funzione di attestare (art. 24 s. d.lgs. 380/01); ed al riguardo la giurisprudenza testé citata (C.d.S., sez. V, n. 3212/18) ha ribadito come «i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza” (così Cons. Stato, IV, 13 marzo 2014, n. 1220)».

Nel caso in esame, la mancanza del certificato di agibilità dei locali di svolgimento dell’attività risulta già alla base dell’atto di diffida del 18 dicembre 2014, prot. 15335, con il quale l’Ente territoriale ha contestato alla ricorrente il comportamento inerte dalla stessa tenuto ben oltre i termini concessi ai proprietari, a far data dall’approvazione del Piano urbanistico comunale, per regolarizzare la propria posizione amministrativa ed eliminare i vizi ostativi per il proseguimento delle loro attività.

Non consta che, nonostante ciò, da allora la ricorrente abbia provveduto a tanto, dotandosi del certificato di agibilità o di titolo equipollente. Si aggiunga che la stessa non ha fornito alcun inizio di prova di aver in corso altro procedimento finalizzato a regolarizzare l’aspetto in questione, concentrandosi piuttosto sulla tesi, che si è dimostrata infondata, della sostanziale irrilevanza della semplice mancanza del certificato di agibilità.

Constatata la carenza del presupposto, il Comune non avrebbe potuto fare altro che impedire lo svolgimento dell’attività commerciale mediante l’adozione di un provvedimento di natura doverosa e vincolata (cfr., ancora, C.d.S., sez. V, n. 3212/18 cit.), che, perciò, resiste anche alla censura di omessa comunicazione di avvio del procedimento....>>



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 21/09/2018