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AirB&B e cedolare secca

Il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia dell'Unione europea la vertenza promossa da Airbnb che si è sempre rifiutata di raccogliere le imposte e trasmettere i dati degli host all'Agenzia delle Entrate

02/10/2019  - 

Lo scorso febbraio il Tar del Lazio aveva stabilito, con la sentenza n. 2207/2019, che anche Airbnb dovesse riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all'Agenzia delle Entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi derivanti da locazioni brevi di durata non superiore a trenta giorni.

La decisione del TAR poggiava sulla previsione introdotta nel decreto legge 50/2017 che le piattaforme online, quali Airbnb e Booking, trattengano direttamente dagli utenti il 21% di tasse dai compensi destinati agli host, cioè i proprietari delle strutture, da versare direttamente al fisco se il pagamento è gestito da "intermediari immobiliari" (agenzie e portali, quindi anche Airbnb), oppure al momento della dichiarazione dei redditi, se i contratti sono gestiti direttamente dagli host.

Airbnb, che si è sempre rifiutata di raccogliere le imposte e trasmettere i dati degli host all'Agenzia delle Entrate, per consentirle - incrociando i dati - di dare la caccia ai possibili evasori, ha proposto ricorso al Consiglio di Stato.

Con l'Ordinanza n. 6219 del 18 settembre 2019 il Consiglio di Stato ha disposto il rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione europea.
Spetterà pertanto alla Corte di Giustizia UE stabilire se gli obblighi introdotti per gli affitti brevi siano compatibili con la normativa comunitaria e se lo Stato italiano avrebbe dovuto notificare la loro introduzione alla Commissione Europea.



Monica Feletig
Ultimo aggiornamento: 02/10/2019